Martedì prossimo, 1° luglio, si terrà una nuova riunione tra Eni e le Organizzazioni di categoria dei gestori, a cui l'azienda si é resa disponibile dopo che, per l'ennesima volta, il Viceministro De Vincenti, stavolta direttamente nella sede della recente Assemblea Nazionale di Unione Petrolifera, ha sollecitato la ripresa -e la positiva conclusione- degli "accordi di colore".
Difficile dirsi allo stato meno che scettici sull'esito di questo nuovo incontro, visto l'andamento di un negoziato che sembra stancamente avvitato su sé stesso, mentre per strada -letteralmente- si continua a consumare il dramma di migliaia di persone e di famiglie, conseguenza dell'incapacità dell'azienda di adottare decisioni adeguate.
Una incapacità appena dissimulata per un verso da atteggiamenti indifferenti e apatici e per l'altro malamente nascosta dietro argomentazioni capziose la cui infondatezza é messa allo scoperto ogni minuto che passa da nuovi ed univoci pronunciamenti di giudizi terzi.
Difficile perciò eludere la consapevolezza che, più che da un problema squisitamente economico, che pure esiste, la conclusione positiva del negoziato sia stata finora impedita proprio dalla mancanza del coraggio necessario ad annunciare apertamente la necessità di un deciso cambio di rotta rispetto al passato ormai non più solo recente.
Una rotta rivelatasi fallimentare sul piano del mercato, nonostante le evidenti condizioni di vantaggio di partenza, oltreché essere sconfitta sul piano della legittimità, nonostante le illimitate risorse di cui poteva e può disporre.
Davvero difficile quindi cha la "soluzione", nello stesso interesse aziendale, forse soprattutto per quello, passi altrove che da qui.
E dal ricominciare a "ragionare", invertendo un abbrivio che ancora continua a produrre e a moltiplicare i suoi effetti mortiferi.
Quelli che, ad esempio, sta producendo il cosiddetto "progetto ghost" di Eni.
I gestori prima hanno pagato sulla loro pelle le politiche fallimentari dell'azienda, sono stati spinti fuori mercato, costretti a scegliere -dietro la minaccia del cambio di "cluster", dell’aumento del prezzo, della perdita di pretesi "sconti", del venir meno dell'"amicizia" del funzionario aziendale e dell’utilizzo della clausola di recesso- tra il dover rinunciare al margine per difendere i litri o il dover rinunciare ai litri per difendere il margine, finendo per perdere l'uno e gli altri.
Poi, una volta essere stati forzati ad abbandonare l'attività ed il lavoro, debbono amaramente verificare che abbassare i prezzi di colpo, interamente a carico della compagnia e ben oltre il livello del "costo" del gestore, era del tutto possibile alla sola condizione che il gestore fosse rimosso, per essere sostituito dalla macchinetta del pre pay.
Vogliamo sperare che potrà essere ritenuto ammissibile e degno di confronto che si consideri tutto questo profondamente ingiusto.
Allo stesso modo, vogliamo sperare che potrà essere ritenuto ammissibile e degno di confronto che si consideri profondamente inopportuno che per realizzare tutto ciò si utilizzi strumentalmente l'intermediazione cointeressata di una società interamente costituita da agenti monomandatari di Eni, esecutori finali di politiche aziendali che hanno portato al fallimento dei gestori ed all'abbandono degli impianti e che dall'uno e dall'altro evento traggono profitto, nel vedersi assegnati in gestione proprio quegli stessi impianti che di colpo passano dall'avere imposti prezzi fuori mercato a ricevere in dote prezzi competitivi.
D'altra parte é una situazione sotto gli occhi di tutti che sarebbe arduo nascondere, tanto quanto far finta di non conoscere.
I prezzi, tanto per cominciare, sono lì, monitorabili prima e dopo, direttamente dal sito del Ministero.
Ed é un dato altrettanto "pubblico" che in appena 20 giorni, dal 9 al 28 maggio scorso, i primi 28 impianti su cui sono stati immolati in precedenza 28 gestori, siano stati presi in consegna da Gestioni Innovative srl, costituita a gennaio, subito dopo le già note performance su facebook dei diretti interessati (cfr. articolo del 16.1.2014, ndr), da 17 agenti monomandatari, il cui presidente risulta essere lo stesso autorevole rappresentante dell'associazione dei medesimi agenti Eni.
Senza contare che, in aggiunta ai danni subiti dal gestore cacciato a forza, si debbono calcolare quelli ulteriormente prodotti verso i gestori rimasti sui punti vendita posti nelle immediate vicinanze.
Ne consegue che, ad esempio, giusto una settimana fa', i gestori degli impianti posti a 3/4 km. dal ghost Eni di Calcinaia (PI) avessero prezzi più alti per un importo compreso tra i 4,8 ed i 7,9 cent/lt., anche se aderenti ad iperself -10.
Negli stessi giorni i gestori degli impianti praticamente attaccati al ghost Eni di Firenze avevano tra i 5,7 ed i 7,6 cent in più.
Quelli distanti non più di 5/7 km. dai numerosi già attivi in provincia di Venezia (tra Venezia, Vicenza e Padova sono già 16, senza contare quelli ancora assegnati ad EniRete Oil&Nonoil) avevano prezzi più alti tra i 4,6 ed i 6 cent/lt.
Quelli posti a non più di 2 km. dal ghost di Pesaro avevano tra i 4,7 ed i 5,9 cent in più.
Potremmo ovviamente continuare.
Si tratta, sia chiaro, di prezzi tutti self service e che, per di più, nella stragrande maggioranza dei casi, sono praticati in iperself h24, vale a dire figli di adesioni individuali, ottenute in violazione degli accordi collettivi, che prevedeno "sconti" del tutto virtuali a fronte di un taglio del margine al contrario pienamente effettivo.
Non solo. Ci sono altre svariate centinaia di gestori, stremati e ridotti all'impossibilità di reagire, i cui impianti sono nel mirino degli stessi agenti, giusto in attesa che siano mature le condizioni perché i gestori abbandonino senza neanche l'indennizzo previsto dal recesso anticipato, magari liquidati con pretesi "accordi transattivi" a cifre ridicole.
Chiude il cerchio il fatto che, non di rado, al gestore spinto forzatamente ad abbandonare la sua attività venga persino proposto di accettare un contratto con il quale per 300 euro al mese si impegni sostanzialmente a dare una pulita al suo ex punto vendita.
Alla luce di queste situazioni che continuano a macerare l'esistente, come si fa onestamente a ritenere che si possano liberare risorse da destinare alla conclusione di un accordo economico, se non c'é la convinzione e la forza per ammettere che è necessario, anche e soprattutto nell'interesse aziendale, assumere comportamenti differenti e, di conseguenza, decisioni, politiche e strategie coerenti?
Abbiamo detto e motivato come tutto questo sia ingiusto e inopportuno.
Giudizi qualitativi, quindi, che in un normale quadro di relazioni dovrebbero e potrebbero essere sufficienti per fermarsi un momento -anche fosse solo per prudenza- ed aprire un confronto al cui interno trovano la loro naturale allocazione proprio valutazioni, anche divergenti, di tale natura.
Diversamente si costringerebbe i propri interlocutori, gestori e quanti li rappresentano, a domandarsi della legittimità e non più solo circa la giustezza o il carattere di opportunità.
E, in questo caso, gli ambiti nei quali porre quesiti rispetto a comportamenti del genere, sarebbero con ogni probabilità persino diversi e ulteriori rispetto a quelli che, finora, per altre questioni, sono stati abitualmente battuti.
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