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IL GIUDICE INCRINA ANTICHE CERTEZZE: "RISERVARSI ESCLUSIVA PIU' DETERMINAZIONE UNILATERALE DEL PREZZO E' UN ABUSO"

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Il 15 maggio di quest’anno rischia di diventare una data che verrà ricordata a lungo nel nostro settore.

La sentenza che il collegio di Giudici del Tribunale di Massa ha emesso proprio in quella data non è importante solo per la “vittoria” che assegna al gestore contro il reclamo presentato da Shell.

In realtà, infatti, oggi viene "solamente" confermata una ordinanza già assunta, con procedura d’urgenza, nel febbraio scorso.

La “novità” sta nelle motivazioni e nel contesto che esse restituiscono, capaci di produrre effetti tanto veementi da riuscire a piazzare qualche bel punto interrogativo anche nella sicumera degli uffici legali aziendali.

Motivazioni e contesto -ora patrimonio comune e nella disponibilità di chiunque- al quale la Fegica ha iniziato a investire e lavorare ormai un anno fa’ con “Class Action. Giustizia per i Gestori”, il cui approfondimento tecnico-legale è alla base sia dell’azione che Fegica ha avviato direttamente contro Eni, sia delle numerose altre azioni di singoli Gestori di ogni marchio sparsi per tutto il territorio italiano e comunque fossero associati.

Tra questi il gestore di Massa, il cui legale ha chiesto e ottenuto dalla Fegica consulenza tecnica ed assistenza specifica lungo tutto il procedimento.

I fatti, anzi gli atti, in sintesi.

Il 26 febbraio scorso, dunque, il gestore di un impianto Shell di Massa ottiene dal Giudice del Tribunale del Lavoro, in via d’urgenza -già due primi elementi di tutto rilievo- un ordine diretto alla compagnia teso ad “applicare al ricorrente un prezzo analogo a quello praticato” ad un altro impianto Shell posto nelle vicinanze ma gestito da AICO, la società interamente partecipata da Shell attraverso cui vengono condotti gli impianti soggetti ai contratti di associazione in partecipazione, ormai ben noti ai Tribunali di mezza Italia.

Il Giudice quindi ravvisa nel comportamento aziendale -che assegna prezzi tanto differenti tra un impianto e l’altro- l’abuso di quello stato di dipendenza economica esistente tra gestore e compagnia che, dalla legge 27/2012 in avanti, nessuno mette neanche più in dubbio.

Shell presenta reclamo, ampiamente motivato, contestando tutto il contestabile secondo il classico armamentario del bravo petroliere: la libertà di mercato, il diritto contrattuale, la facoltà del gestore di lasciare l’impianto, gli impegni verso l’Antitrust, le differenti strutture di costi, la lontananza dei due punti vendita in questione, persino il diritto del Giudice a sostituire le clausole contrattuali dichiarate nulle per abuso di dipendenza economica e, perciò, a ordinare a Shell l’applicazione di un determinato livello di prezzi.

In appena 10 cartelle ed un solo sospiro il collegio respinge il reclamo.

La “presunta libertà del gestore di poter recedere dal contratto” [chi non si é sentito dire con amabile signorilità: "se non ti va bene così, ridacci le chiavi dell'impianto!", ndr] è una “facoltà solo teorica” ed è “pleonastica perché affermativa di una normale facoltà di questo genere di contratti”.

La “rivendicata asserita libertà di Shell Italia S.p.A. di determinare, nei confronti del gestore, i prezzi dei carburanti, intesa come diritto contrattuale e libertà di mercato” è un diritto che “è circoscritto dai limiti imposti dalla legge, uno dei quali è appunto il divieto di abuso di dipendenza economica”.

Il “consistente squilibrio tra i prezzi imposti al gestore e quelli fatti praticare” all’impianto AICO “non è giustificato da alcuna particolare e dimostrabile ragione commerciale”.

La “presunta assenza di concorrenzialità” tra i due impianti è “parimente non conferente”, poiché tale distanza “non è superiore ai 4 o 5 chilometri al massimo, e dunque è da ritenere minima e non certo ostativa, per un automezzo di qualunque genere, alla considerazione di scegliere di andare a rifornirsi all’impianto con il prezzo inferiore”.

Fin qui il “dispositivo” che accompagna la sentenza del Tribunale di Massa è certamente esemplare, ma in fondo potrebbe dirsi ispirata al semplice buon senso, offrendosi alla riflessione di ognuno -da qualunque punto di vista si osservi- senza la necessità di essere ulteriormente spiegata e interpretata.

E non v'é chi non veda conseguenze ed effetti sul piano generale.

Tuttavia c’è dell’altro.

Primo. Non c’è dubbio alcuno che al Giudice sia riconosciuto, nel caso specifico della legge della dipendenza economica, il “potere di sostituzione automatica di clausole contrattuali” e quindi di rideterminare “prezzi alla pompa riequilibrativi della situazione di abuso”.

E’ oltretutto proprio “a tale proposito” che il Tribunale ritiene non superfluo sottolineare “come, per consolidata ed ormai affermata interpretazione giurisprudenziale, i rapporti tra gestori e Società produttrici e fornitrici di carburanti sono considerati di parasubordinazione … proprio per la notevole sproporzione di forza economica tra le parti, per cui l’evoluzione normativa regolatrice dei contratti di fornitura tra i primi e le seconde ha cercato di tutelare al massimo la parte più debole, cioè quella dei gestori” [ci si riferisce anche alle nuove tipologie contrattuali, ndr].

Ma non basta.

Secondo (e conclusivo, in più di un senso). Il Giudice considera che “il contratto di fornituratra Shell ed il gestoreall’art. 15 prevede l’esclusiva della fornitura a favore della Società petrolifera … mentre il successivo art. 18 prevede che i carburanti saranno fatturati da Shell ai gestori ai prezzi indicati di volta in volta in fattura per ogni singola fornitura, quindi con piena facoltà di determinare i prezzi unilateralmente e senza alcuna limitazione”.

Si può bene affermare che si tratta, in tutta evidenza, di condizioni contrattuali largamente diffuse nell’intero mercato e non certo limitate al rapporto specifico del gestore di Massa o alle scelte della singola compagnia.

Orbene, secondo il collegio giudicante “è evidente che la contemporanea sussistenza di queste due clausole contrattuali determina un evidente squilibrio nelle posizioni delle parti a favore” di Shell “nel senso che consente a quest’ultima di determinare pressoché unilateralmente ed arbitrariamente al gestore i prezzi di vendita dei carburanti”.

Finendo per concludere in modo consequenziale che “dunque si tratta con tutta evidenza di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie, proprio nel senso previsto dall’art. 9 della Legge n. 192/1998 [la legge sulla dipendenza economica, ndr] e richiamato, per quanto riguarda i rapporti contrattuali tra gestori e fornitori o Società petrolifere, dall’art. 17, 3° comma, d.l. 24 gennaio 2012 n. 1 e relativa legge di conversione [legge n. 27/2012, ndr]”.

In altre parole (anche se, siamo certi, non ce ne sarebbe bisogno), l’abuso viene collocato “a monte”, vale a dire direttamente nel contratto che dovesse [modo verbale usato in modo eufemistico, ndr] prevedere la contemporanea presenza della riserva assegnata alla compagnia sia della fornitura in esclusiva che di quella per determinare unilateralmente i prezzi.

Indipendentemente dal fatto che poi, “a valle”, si determini -così come tra l’altro avviene sia nel caso specifico che in generale- una discriminazione tra impianti concorrenti.

Interessante, non è vero?

Ce n’è di che riflettere.


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