Per gentile concessione di Staffetta Quotidiana, riproduciamo di seguito il testo integrale dell'editoriale firmato dal Direttore Emerito, Giorgio Carlevaro, dal titolo "Come favorire la rivincita del petrolio legale", a commento della Mozione conclusiva approvata il 18 ottobre dal Consiglio Nazionale della Fegica.
Nelle proposte e nelle analisi, a volte paradossali, avanzate dalla Fegica
Va dato merito alla Fegica di riportare l'attenzione del settore sul “petrolio Italia”, su uno spazio oggi scarsamente presidiato. Prima con il corposo decalogo delle cose che non vanno sulla rete carburanti, ieri con un'altrettanta corposa mozione approvata all'unanimità dal suo consiglio nazionale.
Un manifesto che al decalogo risponde con proposte puntate a favorire la rivincita delle parti sane del settore . Rivincita sulle tante cose che non vanno, che non è soltanto la fuga dal petrolio legale e il dilagare del petrolio illegale, prospettiva su cui la Staffetta si è soffermata più volte in questi giorni, ma anche, rileva la mozione, la fase di grandissima precarietà e di equilibri altamente instabili che poggiano su scelte improvvisate, che di conseguenza indicano prospettive incerte e in potenza ulteriormente devastanti.
Con la Politica con la p maiuscola, che ha ceduto il suo potere di indirizzo e di governo consentendo di farsi surrogare da organismi “terzi” deputati al mero controllo e non all'indirizzo strategico del settore energetico. Che tra l'altro è un dato che attualmente caratterizza non solo la politica petrolifera ma tutta la politica energetica (vedi editoriale di oggi). A cui, dice la Fegica, avrebbe concorso anche l'inadeguatezza dimostrata dalla classe dirigente industriale del petrolio operante in Italia. Con la distribuzione carburanti ridotta oggi ad un ruolo meramente residuale. Privandola, rileva sempre la mozione, della necessaria “copertura politica” delle case madri, accusate di aver scelto di impegnarsi in attività ritenute di maggiore interesse e più remunerative.
Una filosofia del “basso profilo” che ha ritenuto di poter sviluppare una strategia industriale senza un pezzo fondamentale quale è appunto quello della distribuzione, lasciato progressivamente in balia dell'illegalità. Un fenomeno di cui oggi appare chiaro come a beneficiarne, rileva la mozione, siano altri soggetti più disinvolti ed elastici che possono trarre vantaggio dal costante e impunito lavoro ai fianchi fatto contro il rispetto delle regole. Con la contemporanea scomparsa di un posizione strategica dell'industria che ha favorito iniziative sempre più individualistiche, improvvisate e di breve respiro che ha consegnato, tra l'altro, il business autostradale nelle mani dei marchi della ristorazione riuscendo nel difficile compito di colpire dopo i gestori anche gli interessi delle stesse aziende petrolifere.
Scelte che hanno portato ad un massiccio trasferimento di utili e di risorse verso una moltitudine di soggetti che hanno trovato, e non solo con mezzi illegali, un pascolo ricco e fertile. Soggetti, rileva la mozione, che comprendono anche diverse generazioni di retisti indipendenti, convenzionati e no logo, GDO, concessionari autostradali, marchi della ristorazione.
Con due gravi risultati: nessuna diminuzione dei punti vendita e la fuga di tutte le multinazionali dal mercato italiano. Un'analisi spietata di una situazione che per riuscire a portare alla rivincita delle parti sane del settore dovrebbe passare secondo la Fegica per un'opera legislativa capace di superare, riordinare, semplificare e aggiornare il quadro normativo di riferimento e l'avvio immediato della seconda fase della razionalizzazione, puntando ad una rete di non più di 15.000 punti vendita, rispetto ai 21.000 circa della rete ordinaria e ai 460 della rete autostradale. Una richiesta che potrebbe sembrare paradossale da parte di un'organizzazione dei gestori e che invece intende sottolineare il fatto allarmante di un'industria che avrebbe smesso di esercitare la sua pressione per ottenere un risultato vitale da diversi punti di vista.
Con un messaggio, neanche troppo velato, alla necessità di restituire forza e ruolo alle “rappresentanze”, soprattutto a quelle dei “titolari” degli impianti. E alla necessità altresì da parte di tutti di cedere parte della propria sovranità individuale (almeno su alcune questioni di carattere generale), rafforzando la propria rappresentanza, per provare a restituire “voce” e ricostruire un contesto più solido e dotato di una direzione meno in balia di ogni alito di vento. Con la proposta della Fegica di arrivare a parlare di tutto questo, analisi e proposte, in un seminario da tenere al più presto con Faib e Figisc. Senza escludere in un secondo tempo di coinvolgere anche Unione Petrolifera e Assopetroli.
Un ragionamento intorno a cui sembra ruotare anche la sollecitazione, altrettanto paradossale, a creare le condizioni per richiamare nel Paese aziende petrolifere integrate. Che, così come è formulata, non sembra configurare la ricerca di un “cavaliere bianco”, bensì la necessità di arrestare la frammentazione del settore che oggi appare incontenibile: con l'uscita di Shell, Esso e Total, ma anche con la “gestione” del gruppo Api e il crescente disinteresse del leader del mercato, dati di fatto che stanno indebolendo dalle fondamenta quel poco che rimane della costruzione, esponendola ad ogni tipo di aggressione. Una situazione che autorizza ogni improvvisazione o, peggio, avventura. La chiusura di punti vendita e l'ingresso di aziende integrate servirebbe, nelle intenzioni della Fegica, a ridare equilibrio, propensione alla programmazione e maggiori opportunità di contrastare i comportamenti “decentrati” di cui l'illegalità si nutre.
In sintesi quello che la Fegica sembra voler proporre con queste indicazioni è la necessità di ricostituire le condizioni per attirare realtà aziendali “nuove”, ma anche per cominciare a programmare il rientro di quelle “vecchie”. Perché nella misura in cui si riuscisse a concorrere a ricostituire, anche politicamente, le “condizioni” per attirare altre forze di mercato valide, di quelle stesse “condizioni” finirebbero per goderne tutte le aziende sane del Paese.
Giorgio Carlevaro
Direttore Emerito di Staffetta Quotidiana
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