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10 DOMANDE ALL'ANTITRUST

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di Roberto Di Vincenzo

Se davvero i "Pretori", cioè gli uomini che devono amministrare la Legge, applicassero il buon senso, non ci troveremmo di fronte ai continui interventi cui l'AGCM ha abituato il nostro settore.

L'Antitrust sembra che abbia al centro del mirino tutti i più piccoli e remoti fatti che avvengono nella distribuzione carburanti: dagli orari ai turni; dai ghost ai contratti; dalla contrattazione alla pubblicizzazione dei prezzi; dall'offerta dei prodotti alle regole per autorizzare nuovi impianti.

Non passa un giorno senza che ci sia un intervento, una reprimenda, una concione dell'Antitrust su ciò che è giusto o non è giusto. Su ciò che va fatto e su ciò che bisogna evitare.

Che poi ciascun intervento abbia effettivamente a che fare con le regole della concorrenza è un altro paio di maniche.

I "depositari" delle sacre scritture menano, nel nostro settore, fendenti che difficilmente riscontriamo in altri segmenti della vita economica e sociale del nostro Paese.

Forse siamo così limitati che non comprendiamo la "ratio" di tali interventi oppure siamo inclini a piagnucolare sulla nostra incapacità di interpretare il "nuovo".

A noi non sembra ma, visto che coltiviamo il dubbio, potrebbe anche essere così.

Certo è che l'analisi delle cose che accadono ogni giorno ci lascia un po' perplessi e se per l'Antitrust il Sindacato nel nostro settore è un irriducibile conservatore che vuole mantenere -pensate un po'- uno spazio economico decente per i propri iscritti-Gestori, svolge invece un'opera meritoria quando difende (giustamente) gli accordi "aziendali" per dirigenti e dipendenti dell'AGCM con abbondante citazione di norme, leggi e regolamenti, fissando parametri uguali per tutti.

E noi non possiamo che solidarizzare, ci mancherebbe altro!

La tutela dei diritti del cittadino e del lavoratore é sancita da questa Costituzione (finché resiste).

Ma non si può credibilmente sostenere che l'azione di tutela e rappresentanza va bene per un segmento della vita sociale del Paese ma non per un altro.

D'altra parte in ogni settore nel quale si applichi un "contratto" (parola lentamente avviata al disuso), pone tutti i "datori di lavoro" nella condizione di avere costi identici (non simmetrici) per ogni tipo di mansione. E poiché il costo del lavoro è parte rilevante del prezzo finale del prodotto (diversamente non si capirebbero tutte le accorate richieste di ridurlo), se applicassimo estensivamente il criterio cui si ispira l'AGCM, tutti i contratti dovrebbero essere considerati nulli. Anche quello che definisce il salario (?) dei dipendenti dell'Autorità.

Ovviamente noi auspichiamo non solo che i contratti restino in vigore ma che venga estesa tale pratica virtuosa anche a chi il lavoro (e le tutele) non ce l'ha o è condannato alla precarietà.

Venendo al merito dell'ultima segnalazione, in ordine di tempo, inviata al Presidente della Regione Lazio, si scopre che nel codice del commercio appena approvato dalla Giunta, ci sarebbero delle norme incompatibili con un corretto svolgimento della concorrenza.

A noi non sembra ma, sempre perché lodiamo il dubbio, potrebbe anche essere che sia così.

Di tutt'altro tono sono, però, i pronunciamenti che vengono assunti nei confronti di soggetti che, evidentemente, sembrano "intoccabili" (chissà perché).

Lasciando da parte la vicenda Alitalia (sarebbe come sparare sulla Crocerossa) e concentrandoci sui fatti che riguardano il nostro settore, dobbiamo rilevare che vengono assunti comportamenti che sono almeno altalenanti: giova qui ricordare la vicenda "tabacchi" sulla quale l'Agcm era, alla fine, dovuta intervenire con una segnalazione, visto che appariva proprio come un pugno in un occhio.

Tale segnalazione è stata prontamente ritirata e la stesso Authority si è prontamente adeguata al pronunciamento dei giudici di primo grado amministrativo (Tar del Lazio) sostenendo che il "fumo fa male" (mentre la benzina, come tutti sanno, è un complesso polivitaminico) e senza nemmeno ricorrere al Consiglio di Stato come ha fatto quasi sempre nel nostro settore quando non ha avuto ragione in prima battuta (ricordate nel 2000?).

Ma non basta: sulla lunga vicenda delle proroghe autostradali, prima ha detto che una proroga sarebbe stata lesiva della concorrenza e in seguito ha detto che era sacrosanta sopratutto perchè da legare alla ristrutturazione della rete distributiva lungo questa viabilità.

Poi per ragioni del tutto simili ha fatto sapere che anche le gare per l'affidamento del non oil potevano essere rimandate, ma non dappertutto: quelle sulla viabilità detenuta in concessione da Aspi, invece, potevano andare avanti.

Insomma, a nostro avviso, c'è qualche sbavatura nei pronunciamenti dei depositari della Legge.

Quella stessa Legge, fatta dal Parlamento, che l'Agcm si riserva di censurare, segnalare, commentare, impugnare e via dicendo.

Tanto non c'è alcuno che abbia l'ardire di "dissentire" (per timore di rappresaglie?) o di tentare di fare un bilancio dei risultati ottenuti in questa frenesia di ristrutturare questo settore a suo piacimento o, meglio, a sua immagine e somiglianza. Nemmeno fosse il Creatore.

Così un intero settore è stato sbalzato in un mondo parallelo nel quale il processo industriale non viene neanche preso in considerazione, del tutto rimosso.

Tutto é incentrato sulla distribuzione e sui (presunti) risparmi del consumatore. Tutto molto facile ma anche poco probabile.

Ci sono, infatti, 10 domande che, per la nostra limitata intelligenza, rimangono senza risposta e che vorremo girare all'Antitrust:

1. Con un ricavo industriale lordo -calcolato per differenza in funzione delle quotazioni Platt's- che lascia alle compagnie 14/15 €urocent litro e considerando i "costi fissi” di filiera (personale, ammortamenti, spese generali, investimenti, remunerazione del capitale, ecc.), come è possibile riconoscere “sconti” di 16/18/20 €urocent litro?

2. Come si fa anche solo a fare finta -perché sostenerlo è del tutto ridicolo- che il Gestore sia un soggetto nelle condizioni di fare concorrenza quando si sa perfettamente che acquista e rivende a prezzi imposti dal fornitore in esclusiva con un "margine" che, ad oggi, dopo il prelievo coatto subito con il ricatto degli “sconti”, vale circa 2 €urocent/litro?

3. Come si fa' a chiudere gli occhi di fronte al comportamento del fornitore in esclusiva che discrimina e sfavorisce senza rimedio il Gestore in ogni modo umanamente immaginabile: abbassando il prezzo di altri impianti della sua rete; gestendo direttamente impianti ghost; rifornendo a prezzi stracciati gli stessi prodotti alle pompe bianche e alla grande distribuzione solo perché qualcuno ha deciso di battezzare quella una vendita in “extrarete”?

4. Come si fa' a non trovare nulla di rilevante nel fatto che sui i prezzi che vengono imposti ai Gestori, sulla rete di punti vendita che loro gestiscono e di conseguenza sui consumatori che presso di quelli si riforniscono vengono scaricati i costi fissi e gli oneri anche del resto del mercato?

5. Come si fa' a teorizzare e difendere una “politica” tanto palesemente asimmetrica che pretende un sistema di prezzi "opaco" ma comunque sottoposto alla “pubblica” comunicazione quotidiana mentre il resto del modo commerciale -persino di maggiore impatto verso i consumi dei cittadini (pane, pasta, ma anche medicine, commissioni bancarie, trasporti, ecc.)- si muovono nel più completo disinteresse?

6. Per quale insondabile astrazione giuridica può essere tollerato in un sistema democraticamente equilibrato che una scelta politica assunta nell’interesse collettivo da un funzione istituzionale competente in materia e responsabile -vale a dire eletta dal Popolo Sovrano- quale è quella, piaccia o meno, si condivida o meno, di una Regione che a tutela del territorio e della salute prevede norme tese a favorire lo sviluppo dell’offerta di carburanti a basso impatto ambientale, possa essere travolta da una decisione tutta “politica” di un organo privo di qualsiasi responsabilità -vale a dire, nominato- che dovrebbe intervenire con lo scopo di farla rispettare la legge, piuttosto che sostituirsi ad essa?

7. Come si fa' per un verso ad autorizzare Petroven, Petrolig e la gestione consortile dei tubi di trasferimento dei prodotti e per l’altro a far conoscere “preventivamente” il proprio “orientamento” contrario ad uno sbocco consortile per affrontare una crisi della raffinazione senza precedenti e senza prospettiva, tanto da determinare la sempre più concreta possibilità che il nostro Paese, nel prossimo futuro, dipenda completamente dall’estero non più solamente in termini di approvvigionamento della materia prima energetica, ma anche dei prodotti petroliferi finiti?

8. Come si fa' a pretendere di essere ritenuti autorevoli e credibili se si teorizza essere nell'interesse collettivo e dei consumatori un mercato nelle mani di retailers -piccoli o grandi, poco importa- che non offrono alcuna garanzia sia in termini di continuità nell'approvvigionamento che di qualità dei prodotti e che, fatalmente, esporrebbero l’intero sistema in generale ed i consumatori in particolare alle "bizze" di un mercato che a quel punto sarebbe interamente governato con logiche sottratte sicuramente al nostro Paese e con ogni probabilità pure al nostro Continente?

9. Come si fa' a sostenere che i ripetuti “pronunciamenti” formulati siano funzionali alla costruzione di un mercato aperto e competitivo e poi ci si volta dall’altra parte, giorno dopo giorno, per evitare di intervenire negli effetti -non nella teoria politica- di sanzionare i comportamenti -non le intenzioni- che discriminano i gestori, che li estromettono illegittimamente -come ha avuto modo di sentenziare il Giudice naturale, ma non l’Antitrust- dalla possibilità di competere?

10.Come si fa' a rovesciare in modo tanto palese la realtà delle cose da finire per sostenere che per consentire al gestore maggiori autonomie e quindi liberarsi dal vincolo dell’esclusiva -finora difesa a spada tratta con maggiore accanimento ed imprudenza degli stessi petrolieri- il modo sia quello lasciare completamente libere le compagnie petrolifere di adottare il tipo di contratto che più gli aggrada, di aggiustarselo come vogliono e di cancellare l’unico strumento -la contrattazione collettiva- che il Legislatore ha finora imposto allo scopo di porre un limite allo squilibrio esistente e tangibile tra il gestore e le aziende?

Non abbiamo alcuna illusione in merito, ma vorremmo augurarci che qualche risposta possa essere data.

Tuttavia ci basterebbe anche solo che l'Antitrust italiana si comportasse come nel resto d’Europa e del Mondo.

In Francia, l’Antitrust deve intervenire per tutelare la “discriminazione” di cui le “pompe bianche” ritengono di essere fatte oggetto dalle compagnie petrolifere che "proteggono" i loro impianti.

In Australia, l’Antitrust è dovuta intervenire sulla GDO perché l’utilizzo fatto del prezzo sui carburanti avrebbe finito per avere effetti distorcenti per il mercato, falsando la concorrenza.

Ci basterebbe che le regole, anche quelle che regolano il mercato e la concorrenza, fossero applicate nello stesso modo verso tutti.

Che per la distribuzione dei carburanti si usasse la stessa procedura adottata per le tariffe elettriche e quelle del gas.

Che le “banche” -che già hanno potuto aggirare impunemente la Legge sulla gratuità per le transazioni con moneta elettronica fino a 100,00 €uro- fossero costrette a rendere conto del livello di commissioni per l’utilizzo delle carte di credito e di debito che impongono in regime di sostanziale monopolio e a fronte dell’obbligo ad accettarle a cui é soggetto l’esercente.

E ci basterebbe persino vedere finalmente la Politica -che comunque “nomina”- essere capace di fare un esame critico su questioni dirimenti come queste, non fosse altro che per non lasciarsi confinare al ruolo di “convitato di pietra”.

Ci basterebbe.

Ma viviamo in questo Paese ed abbiamo il bene di essere persone “normali” che non hanno altro che il proprio lavoro e la propria intelligenza ad assisterli.

E come se ciò non bastasse non possiamo neanche contare (come possono invece tabaccai e giornalai) sulla “potenza” di una controparte che non solo é incapace di difendere l'ambito nel quale opera, ma al contrario da anni prende schiaffi da chiunque, contenta solo, per mera frustrazione, di poter sparare come un sol uomo sui “suoi” gestori, vale a dire sulla sua rete di vendita.

Probabilmente anche per questo si crede agevole poterci condannare “a farcene una ragione”.

Ma noi non stiamo a perorare vantaggi, privilegi o favori.

Dicevano i latini "adducere inconveniens non est solvere argumentum", portare eccezioni non è risolvere la questione.

E forse proprio questo è il vantaggio di cui possiamo disporre.


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