Molti di noi, fin da piccolissimi, hanno avuto la fortuna di avere genitori ed insegnanti affannarsi nel cercare di spiegarci la relazione tra i nostri comportamenti e le conseguenze che da essi scaturiscono.
Difficile affermare con certezza se sia piů colpa di chi non é riuscito a spiegare o di chi non é riuscito a capire.
Fatto sta che molti di noi quella relazione non sono stati propri capaci di avvisarla, né di sforzarsi di ritenerla meritevole di interesse.
Il cosiddetto mercato extrarete -in realtŕ mai costituito, senza "piazza", né (manco a dirlo) regole- ha vissuto decenni nei bui sottoscala delle compagnie petrolifere a occuparsi un po' di bombole di gas, un po' di lubrificanti e non molto di piů.
Inopinatamente, dall'oggi al domani, quei bui sottoscala si sono visti cadere letteralmente addosso pezzi di mercato sempre piů consistenti anche per effetto delle scosse telluriche artificiali innescate dal processo di cosiddetta "liberalizzazione", anche detta "apertura del mercato" (dirlo ora fa gelare il sangue, vero?), il cui epicentro, l'Antitrust, si é assunta l'incarico, senza averne titolo, di disegnare e promuovere la nuova politica industriale del Paese ed i nuovi assetti della rete distributiva, imposti l'una e gli altri sotto la minaccia (credibile) di indagini ed istruttorie promosse ad anni alterni.
La Politica che aveva giŕ intrapreso allegramente la strada della sprofessionalizzazione e dell'incompetenza, stretta tra l'indolenza e i "bassi profili" dell'industria petrolifera e le poderose spinte di interessi diretti (la GDO) o indiretti (le associazioni dei consumatori che allora spuntavano come i pentiti al processo Tortora), riusciva a concentrarsi sul tema per non piů di tre minuti e solo se gli si parlava di prezzo, vale a dire sull'aspetto piů superficiale, non certo delle dinamiche, meno che mai delle prospettive, in altre parole delle conseguenze, appunto.
Il cosiddetto mercato extrarete -come prima mai costituito, senza "piazza", né regole, ma proprio per questo "eletto" quale incubatrice del "nuovo mondo" devoto al motto "piccolo é bello"- si affolla prima di tutto di una nuova crescente "domanda" all'inizio dovuta non tanto alla penetrazione tutto sommato contenuta della GDO, quanto richiamata da condizioni di convenzionamento praticate dalle compagnie ai retisti.
Condizioni che prima ancora che risentire della necessitŕ di piazzare i "lunghi" di raffinazione di allora, apparivano giŕ in quel momento evidentemente dettate dall'improvvisazione, dalle furbizie e da un livello di strategia pari a quello con il quale, decenni prima, nei bui sottoscala si trattavano le bombole del gas o qualche pallet di lubrificanti.
Ad ogni modo, decine di retisti ringraziano di tanta fortuna e, ingolositi dalla certezza che il "nuovo mondo" sia solo l'inizio di un destino inevitabile, si cominciano a spingere nel mare aperto del "mercato" accogliente e senza rischi, liberandosi (almeno in parte) anche dei marchi, convinti di avere scoperto in sé (insospettabili) doti imprenditoriali, coccolati amorevolmente anche dalla "compagnia di giro" dei convegnisti di allora.
Quanto tempo poteva passare prima che sia la fortuna ricevuta sia l'accoglienza del mercato senza rischi richiamassero anche appetiti di altri soggetti, sempre piů disinvolti e sempre meglio organizzati (lasciamo andare la capacitŕ imprenditoriale)?
E quanto tempo poteva passare prima che una domanda sempre crescente proprio perché cosě fortunata, potesse mobilitare sempre nuovi modi e sempre piů arditi per incrociarla con una offerta a sua volta altrettanto crescente e fortunata?
Si tratta di domande che sarebbe stato lecito -almeno nell'ottica dei genitori e degli insegnanti che molti di noi hanno avuto la fortuna di avere- fossero state ben presenti e circolanti nel settore negli anni passati.
Non fosse stato altro che per evitare l'impressione, che molti oggi danno, di essere davvero convinti che si sia passati dall'era legale all'era illegale in un giorno non meglio precisato in cui siamo stati invasi da una banda di migranti alieni.
Quale sia lo stato attuale del cosiddetto mercato extrarete -mai costituito, senza "piazza", né regole- lo rappresenta, meglio e piů autorevolmente di quanto potremmo farlo noi, l'editoriale di qualche giorno fŕ, siglato dal Direttore di Staffetta Quotidiana, Gabriele Masini, che per gentile concessione della testata di seguito pubblichiamo.
Che non si tratti di questione nuova o inedita, puň essere testimoniato, a mero titolo di esempio, anche da un modesto articolo apparso su questo sito oltre 5 anni fŕ, il 3 novembre 2013, dal titolo "EXTRARETE. ANCHE L’AGCM SFOTTE LE PETROLIFERE (E PRESENTA IL SUO PIANO INDUSTRIALE)".
Suggeriamo la sua lettura agli amanti del genere o a chi soffre di un grave stato di insonnia, ai quali consegniamo anche un dubbio che non riusciamo a risolvere.
Quanto tempo dovrŕ ancora passare prima che qualche "compagnia di giro" sia chiamata a dibattere -finalmente scevri da consunti luoghi comuni e affrancati da anacronistiche nostalgie che frenano l'ammodernamento del Paese- sul ruolo proattivo che il prodotto clandestino o paralegale e la criminalitŕ organizzata (bianca e senza marchio, s'intende) stanno oggettivamente ricoprendo nell'accrescere l'apertura del mercato, il grado di concorrenza ed il contenimento dei prezzi?
Se vi fosse scappato un sorriso, ce ne scusiamo.
Davvero non era nostra intenzione.
venerdě 23 novembre 2018
di G.M.
Frodi carburanti, dopo l'inchiesta di Report
L'inchiesta sul “nero” nel settore petrolifero andata in onda lunedě scorso su Rai Tre ha suscitato forti reazioni. Non ha giovato certo che si mettessero nello stesso calderone due aspetti (il petrolio dell'Isis e le frodi nella distribuzione carburanti) che hanno poco in comune e che hanno impatti completamente diversi.
Quello che va ancora una volta sottolineato č che il settore sta soffrendo da cinque anni gli effetti di una concorrenza drogata dalle frodi, e diversi operatori sono arrivati a pensare di gettare la spugna, nonostante gli sforzi delle associazioni di settore per arginare la deriva. In una realtŕ economica in cui, oltre tutto, il tradizionale presidio delle grandi societŕ petrolifere č sostanzialmente venuto meno.
Questo č il vero fenomeno degenerativo del settore, di cui l'inchiesta di Report metteva in luce alcuni aspetti, e che perň sono in sostanza fatti (e nomi) che circolano ormai da almeno quattro anni.
Le prime mail di operatori preoccupati risalgono all'inizio del 2015. Le societŕ e i nomi coinvolti – che abbiamo indicato a piů riprese su queste pagine – sono praticamente le stesse da allora.
Questo vuol dire che il fenomeno, lungi dall'essere arginato, č invece cresciuto negli anni, cambiando sostanzialmente i connotati del mercato. I bilanci dei “nuovi arrivati” (a volte neanche troppo nuovi) si sono gonfiati a dismisura, forti dei margini garantiti dall'evasione Iva.
Per questo la preoccupazione continua a essere alta nel settore. La speranza di riportare il mercato su binari di legalitŕ inizia ad affievolirsi. E tanti iniziano a pensare che quello che manca sia la volontŕ politica di affrontare il problema di petto. D'altronde, il volume di denaro generato dalle frodi si č fatto davvero importante: piů il fenomeno cresce, piů dispone di armi per affrontare tentativi di arginarlo.
C'č da aggiungere un tassello al mosaico che abbiamo cercato di mettere insieme negli ultimi anni. Oltre al problema dell'invasivitŕ delle frodi sulla rete carburanti c'č infatti quello dell'extrarete.
Dove la degenerazione ha raggiunto livelli che in molti giudicano irreversibili.
Molti grossisti hanno ormai abbandonato anche solo l'idea di rifornire il mercato extrarete – soprattutto l'autotrasporto e le gare bandite dagli enti pubblici – che č diventato ormai appannaggio o dei “big” o di operatori spregiudicati.
Ci arrivano sempre piů spesso segnalazioni di gare per la fornitura di prodotti petroliferi in extrarete aggiudicate a offerte “anomale”: ribassi sulla base d'asta vicini al 50%, con prezzi finali di aggiudicazione tra Platts meno 20 e Platts meno 40. Anche qui parliamo di un fenomeno rilevato da qualche anno, e che si protrae fino a oggi.
Un circuito in cui i due canali – rete ed extrarete – si alimentano a vicenda. Sull'extrarete i pagamenti sono a 30, 60 o 90 giorni, e spesso i compratori hanno un piů alto rischio di morositŕ. Per cui le vendite sulla rete servono a garantire liquiditŕ. E mentre sulla rete, con grande fatica, il livello di attenzione sembra essersi alzato negli ultimi tempi, l'extrarete resta un far west in cui i nuovi “trader” spadroneggiano sostanzialmente indisturbati.
Una situazione tanto piů preoccupante dal momento che, almeno nelle gare, gli strumenti per controllare e segnalare offerte anomale ci sarebbero. Ma a quanto pare vengono utilizzati meno di quanto sarebbe opportuno. Anche perché, evidentemente, le offerte sono talmente allettanti per i bilanci di alcuni enti pubblici da spingere a non andare troppo per il sottile.
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